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Manifesto

Narrativa

manifestoQuesta notte sei skyking23.
Da quassù ti trovi a dominare il grigiore di una città che ha rinnegato i propri nomi, così come tu stesso hai fatto.
Ieri eri hungryDeath99.
Domani sarai l’ennesima ombra, solo un’altra sagoma proiettata su queste pareti imbrattate di buio.
Il primo Segno recita: Non avrai nome, né porterai con te elementi di riconoscimento della persona che un tempo sei stato.
Là sotto, alcune automobili si muovono concitate, senza sapere che tu le osservi, conducenti indaffarati nel mandare sms alla fidanzata, sponsorizzando linee telefoniche di cui non conoscono i reali intenti, indossando marchi che hanno da tempo colonizzato i loro occhi, le loro mani, i loro cervelli.
Di fronte a te, un’insegna pubblicitaria di Moschino sovrasta i fantasmi che percorrono le arterie di questa città dimenticata. Cinica, con il suo fondo bianco sul quale risaltano gli slogan deteriorati dalle intemperie, troneggia sopra il paesaggio artificialmente illuminato nel quale annaspano le nullità dell’universo, ancora convinte di contare qualche cosa.
Tu non hai nome, perciò sei Nessuno.
Sei skyking23, sei un nickname vestito di nero, confuso tra le ombre indistinte del mondo, pronto come mille altri nick a ingaggiar battaglia tra le superfici di questi palazzi.
Il secondo Segno recita: Riconoscere il campo di battaglia cui si appartiene è la vera guerra di ogni uomo.
Il tuo campo di battaglia sono queste mura.
Scocca la mezzanotte, ma persino il trascorrere del tempo perde di significato quando non si ha nome.
Tu sei skyking23, ma potresti essere HulaHoop1.
Potresti essere rockingSoul90.
Poco importano i codici. Essi sono fatti per confondere.
Sei l’ombra. Nient’altro.

Il nemico che utilizza un nome si trova spiazzato di fronte all’avversario che non ne usa. Così recita il terzo Segno.
Di notte, il pezzetto di muro che conquisti diventa Orwell84, il nick che questa sera ti porti appresso. La bomboletta spruzza la tua terra di conquista.
I profeti in cui credi sono anonimi.
Sei l’esatto contrario di ciò che ti circonda.
Là fuori c’è la fede, in te trovi solo atarassia.
Là fuori c’è la gioia, tu sei un tempio di cinismo.
Ti ripeti ossessivamente il copione imparato, mentre pulisci il gabinetto di un ristorante o compili cartelle esattoriali di fronte all’ennesimo cliente.
Là fuori c’è panico, tu sei impassibile e quieto.
Potresti essere lo spazzino che lava la strada alle 5 di mattina, il custode del palazzo di fronte, l’impiegato assonnato dell’ufficio adiacente a quello del capo.
Sei tutti, sei nessuno.
Sei uno, sei molti.
Tutti quei supereroi con cui ti hanno rimpinzato il cervello, le loro identità segrete, i loro nomi altisonanti, i loro marchi appiccicati su vistosi costumi da checca, tutto questo ti pare ridicolo da quando hai conosciuto il Manifesto. Le ombre della notte non si chiamano Batman, non hanno corazze a proteggere il corpo, né maschere a celare il volto, nessun gadget iper-tecnologico, nessuna invulnerabilità: esse indossano un passamontagna, sono armate di agilità e bombolette spray, non combattono il crimine, combattono le immagini. E potrebbero morire, in qualsiasi momento, senza che nessuno possa sentirne la mancanza.
Chi potrebbe sentire la mancanza di un’ombra?
Il nemico di oggi è quello che si prende le superfici delle città. Tu sei quello che gliele contende.
Dolce&Gabbana si è comprato l’enorme parete sulla Piazza Centrale, dominando con l’immagine di due modelli nudi la vista di migliaia di persone, ogni minuto del giorno, ogni giorno della loro fottuta vita. Nike ha sovrastato tutta la tangenziale che circonda la parte est della città con Kobe Bryant, una gigantografia da fare invidia ai titani della mitologia. Tu vivi, guardi, lavori, corri, cammini, mentre tutto questo ti ipnotizza.
Stanno conquistando le nostre superfici, è là che oggi si gioca la guerra contro i barbari.
I barbari vestono firmato, diffondono il contagio, creano certezze, comodità.
I barbari sono numerosi e determinati a conquistare ogni centimetro di mondo.
Prendi un caffè su una tazzina firmata, bustine di zucchero sponsorizzate da Coca-Cola, il vapore della bevanda appanna una vetrata marchiata Dior. Non cadono le bombe, i bastardi hanno capito che, tra la violenza fisica e quella mentale, è la seconda a portare un buon risultato economico.
Un tempo, le mura di una città sarebbero state assalite da grandi scale, catapulte, archibugi e orde di guerrieri.
Oggi, le mura della città vengono assalite da Tommy Hilfiger, Puma, Adidas, Apple. Scalate da Barclays, demolite da Universal.
Oggi le mura cadono sotto i colpi di Virgin.
I barbari hanno imparato quanto potere sia racchiuso in un’immagine.
Stanotte chi sei?
Il tuo nick si diffonde, è un contro-virus efficace, mentre la polizia difende i tuoi nemici. Senti le sirene, le senti distanti, mai troppo lontane.
Quando il Manifesto sarà sufficientemente diffuso, allora tutto questo crollerà su se stesso. Il volto di Jessica Alba, artificialmente modificato in modo da risvegliare a comando il cazzo degli inconsapevoli, viene deturpato dalla tua bomboletta: Warhol1234.
È un’altra notte di guerra, sempre più vicini al risveglio.
L’ombra ritorna nell’ombra, guizzando dentro il proprio nulla, di nuovo.

Il quarto Segno dice: Di fronte a uno specchio, il riflesso è quello convinto di essere l’originale.
Chi utilizza la parola “io” è parte di un mondo che sta scomparendo. Non esiste identità, né singolarità, né individuo; non ci sono più segni particolari, documenti per la dogana, vacanze personalizzate, capi-famiglia.
Chi “si chiama” è perduto.
Stanotte tu sei afrikanDream44.
È la tua tag che te lo dice. La tua bomboletta che conquista porzioni di parete, centimetro per centimetro, mattone per mattone, una gradinata dopo l’altra. E l’esercito che sta dalla tua parte, quelle migliaia di ombre che ti imitano, seguendo il Manifesto, quelli sono identici a te.
Sono darkevil01.
Sono deepimpact77.
Sono ombre.
Laggiù sotto invece, sirene spianate, mitragliette sotto il braccio, naso all’insù, sono consapevoli del fatto che stanno perdendo terreno. Laggiù ci sono i difensori del Potere. E hanno paura.
Sentono che la sconfitta sta arrivando: la pressione sale, il loro mondo crolla, le loro certezze vacillano.
Il caos, lentamente, inghiotte tutto il loro universo.
Con il vento sulla fronte, l’alba che si avvicina ti ricorda che tra poche ore tornerai a indossare la maschera assegnata. La guerra, quella delle superfici, si combatte di notte, quando le pareti possono essere conquistate, lontano da sguardi indiscreti.
Tornerai ad essere il lavapiatti del ristorante sotto casa, l’assistente del professore all’Università, il magazziniere al supermercato del centro, e nessuno sospetterà quel che coltivi nel profondo del tuo cuore.
Il mondo cambia, una tag dopo l’altra, e la libertà ritrovata acceca la vista per la troppa luce.

Mentre la divisa ti picchia, sancisce la sua sconfitta senza possibilità di ricorso.
«Tu hai smesso di imbrattare la mia bella città! Io sono quello che te la farà pagare! Io sono quello che ti farà sputare i nomi degli altri stronzi con i quali ti accompagni! Io sono quello che fermerà le vostre piccole idiozie!»
Io. Io. Io. Ancora una volta, dillo: «Io!»
Mentre cammina in maniera spasmodica avanti e indietro, ripetendoti quanto idiota tu sia stato a fatti beccare; mentre percorre i propri isterici passi, convincendosi di aver ottenuto la sua piccola vittoria, non capisce di avere di fronte un buco nell’acqua.
Quel pugno ti frantuma qualche dente, poi fracassa un paio di costole, ma il sangue che si riversa a terra non dà segno di conoscere che cosa significhi avere un nome. È sangue e, come tale, pensa soltanto a scorrere.
Il riflesso che hai di fronte crede invece di difendere qualche cosa che esiste ancora: un ideale, una libertà, un sogno. Pensa di aver catturato una persona, un criminale, pensa di essere al cospetto di un altro “io”, ma si sbaglia.
Tu sei tutto quello che lui non ha mai pensato potesse esistere.
Il riflesso che hai di fronte è convinto di essere l’originale di fronte allo specchio. Impossibile spiegargli che non esiste specchio, che non esiste l’originale.
Tu sei DoeMustDie666, sei GiantShit.
Tu sei l’ombra, la differenza tra te e il tuo carnefice è che tu ne sei consapevole, quando invece lui è convinto di essere ancora carne, anima, legge. Parla una lingua che tu conosci bene, ma che non ti appartiene più.
Il pestaggio risponde al tuo silenzio, mentre la notte di fuori sancisce l’ennesimo avvicinamento verso la liberazione. Te li immagini, là fuori, te li immagini a saltare da un grattacielo all’altro, da una balconata all’altra con sprezzo del pericolo, armati delle loro bombolette con le quali conquistare nuove superfici, armati del Manifesto che ronza incessante nella loro testa.
Il sesto Segno recita così: Non c’è alcuna morte, c’è solo un restituirsi al mondo.
Mentre una mazza da baseball ti frantuma la mandibola tu le vedi, quelle altre ombre, quei nick improbabili che combattono la Reebok, la Foot Locker, Versace, Armani. Imbrattano i giganteschi anatemi della civiltà. Li vedi, mentre il cranio ti si frattura, il sangue esce copioso.
La voce della divisa, estenuata dal tuo silenzio, è rotta dall’emotività: «Come puoi non parlare? Credi che proteggerli servirà a qualcosa? Come se aveste un piano! Ma in realtà il vostro è soltanto caos! Non avete nulla per cui combattere.»
Il terzo Segno dice così: Il nemico che utilizza un nome si trova spiazzato di fronte all’avversario che non ne usa.
Con il volto tumefatto, pronto a restituire tutto quello che sei, disperdendolo nell’aria che ti trasporterà lontano, riesci a sollevare la testa dolorante, a osservare il tuo assassino attraverso le palpebre rotte, attraverso il rosso vivo che ti cola sulla faccia. La voce che esce è straziata, ma vuoi che le tue ultime parole lascino un segno profondo nelle convinzioni dell’uomo che ti si para davanti: «Non hai… Non hai capito? Non puoi dare un nome all’ombra… Io… sono… Nessuno…»
Mentre là fuori si libera l’umanità dal giogo della pubblicità, distruggendo quei mostri conquistati dai barbari per rapire gli occhi della gente, il mondo cambia una spruzzata alla volta. Mentre l’ultimo colpo inferto dalla divisa che continua a sbraitare «Io! Io! Io!» ti scardina le vertebre, sottraendoti l’ultimo respiro, ti viene in mente come recita il settimo e ultimo Segno, quello che chiude il Manifesto: Quando le superfici saranno bianche e vuote, quando le ultime icone saranno cancellate, la libertà sarà raggiunta.
La divisa, sconfitta, tornerà a combattere le ombre, come un pugile che tira pugni al vento, fino a che anche lei, suo malgrado, sarà liberata.
La città addormentata, inconsapevole della guerra che si combatte là fuori, domattina si sveglierà e si accorgerà che un altro Richard Gere se n’è andato, che un’altra pubblicità da qualche decina di migliaia di dollari sarà stata deturpata, facendo incazzare il Rockefeller, il Bill Gates, il Rupert Murdoch, il barbaro di turno.
Il cielo illuminerà a giorno le superfici bianche e gli occhi delle persone saranno più liberi di guardare ciò che vogliono guardare.
Tu tornerai a fare lo spazzino, l’impiegato, il disoccupato, il portinaio, attraverso gli occhi delle altre ombre. Le ombre non vivono, le ombre non muoiono.
Tornerai a sognare che la notte possa scendere in fretta perché, anche se la battaglia è vinta, la guerra è ancora molto lunga.
Anonimo tra gli anonimi, domani sera non sarai più JokerVault65.
Non sarai Orwell84.
Domani sera sarai tutti loro, bombolette alla mano, Manifesto nella testa, a dimostrare che, in realtà, “io” è un altro.
Ora ritorna.
Nell’ombra.

***

(inizialmente pubblicato qui)
illustrazione di Marco Pasin

9 novembre 201412 novembre 2014 Riccardo Dal Ferro Contrassegnato da tag adidas, armani, città, dolce&gabbana, fight club, letteratura, logo, manifesto, marche, moschino, narrazioni, nike, notte, ombra, palahniuk, polizia, pubblicità, racconti, reebook, regole, ribellione, rivoluzione, sotterfugi, strade, violenza Lascia un commento
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